Critica

“…Pietrogrande è tornato a lavorare sul tema del paesaggio e della figura, sia questa impersonata dal bagnante o dal body builder. Da una parte è la suggestione della Liguria, di un ritmo estraneo alle frenesie metropolitane di Milano, ad averlo spinto verso un soggetto che in città sarebbe quasi impossibile trattare: il paesaggio è rifugio dalla saturazione di spazi e rumori che connotano la città. È in questo modo che l’aggressività congenita nello spirito espressionista trova un momento di quiete, e si dirige verso la frugalità del quotidiano. Nel frattempo, smagrendo la tavolozza e recuperando il valore della campitura a macchie, si è fatto avanti il ritmo dai toni schiariti di certa pop art inglese, ma senza appropriarsi di quel procedere per campiture piatte. Sono attinti da questi stimoli visivi alcuni accostamenti di colori, e in particolare la compattezza blu dei mari e dei cieli, tanto cara, ad esempio, a David Hockney.”

Luca Pietro Nicoletti


“Lorenzo Pietrogrande dipinge con una levità nuova, che esalta la pura pittoricità (…). I colori sono accesi, le pennellate ampie e veloci con tracce di segni a carbone, sovrapposte o incorporate alla pittura, dove il colore contribuisce al senso volumetrico e al solido impianto compositivo.”

Gemma Clerici


“…Nella pittura di Lorenzo Pietrogrande è evidente il confronto con la tradizione dell’arte e, soprattutto, con l’arte espressionista, quella più direttamente legata all’esigenza dell’artista di manifestare sulla tela la sua personale visione delle cose. (…) I soggetti sono puri pretesti, elementi quotidiani e accademici dell’attività del pittore. Il confronto è tutto diretto all’interno della pittura, alla resa delle forme e ai colori, accesi e innaturali. Pietrogrande, addirittura, taglia le estremità alle sue donne, senza testa e senza piedi, si concentra sulla massa dei corpi e degli abiti, in una sorta di astrazione del dato reale. Ciò che gli importa è tradurre in una forma un’idea di pittura, sperimentare il senso di solitudine dell’artista di fronte alla sua creatività.”

Elena Di Raddo


“Con timbro evocativo, attraverso salde pennellate espressioniste stemperate a tratti in luminose chiarità tiepolesche, Lorenzo Pietrogrande sa raffigurare la “linea d’orizzonte”, animandola con domestiche presenze: l’oca protesa verso una bagnante, i mobili corpi di giovani contro l’indaco compatto del cielo, con strappi improvvisi di bianco, o nel bronzeo contrappunto di lembi di terra.”

Marcello Staglieno


“Lorenzo Pietrogrande si riappropria di una figurazione di memoria settecentesca, tiepolesca, aggiornata attraverso il linguaggio della fotografia e della pubblicità: i tagli e le inquadrature dell’immagine, le visioni dal basso, gli scorci, mostrano sagome di donne riempite di colore chiaro e terso, steso ad ampie pennellate. È tuttavia una pittura che, pur scegliendo la figurazione è molto evocativa e assai poco descrittiva.”

Cinzia Bollino Bossi


“…Il frammento, lo scorcio di un particolare fisico e mentale, assumono piena dignità nella ricerca di Lorenzo Pietrogrande che esalta le forme con segno forte e espressionista.”

Mimmo Di Marzio


“Lorenzo Pietrogrande usa l’arte della pittura (…) scavando nelle strutture della figura, scompaginando e ridistribuendo le carte di ogni possibile ordine precostituito dalla tradizione e dalla consuetudine.”

Giorgio Seveso


“La pittura di Pietrogrande parte da un marcato assunto espressionista (…) Di frequente ricorre ad un taglio fotografico audace, in parte desunto dal linguaggio pubblicitario e da immagini da rotocalco. Nelle mani del pittore, però, questi spunti figurativi non sono che pretesti per una ricerca posta su un altro livello (…) Non bisogna mai dimenticare quanto sia ampio il margine dell’evocazione. Ad esso contribuisce notevolmente la maniera veloce, larga, che impedisce di soffermarsi sui dettagli. Necessariamente, quindi, soppiantata la descrizione, per la figurazione non resta che la scelta di evocare per segni la realtà.”

Luca Pietro Nicoletti


“L’obiettivo è focalizzato sul paesaggio che, da qualche anno, è terreno di sperimentazione e ricerca per l’artista. Si tratta di immagini apparentemente semplici e “feriali”, ma che svelano atmosfere metafisiche se ci si sofferma ad osservare i soggetti, le figure, gli elementi naturali che li popolano. Il senso di estraniamento, di desiderio di fuga dalla routine è forte e viene sublimato da un elemento presente in tutti questi quadri: il cielo. Non è un cielo che fa da cornice o sfondo, ma è il vero protagonista che crea una connessione tra il mondo di oggi e l’infinito.
Per quanto riguarda il suo modo di dipingere, va evidenziato, all’interno di un linguaggio sostanzialmente neoespressionista, anche il rimando alla pittura veneta. Pietrogrande, veneziano di nascita, filtra alcuni ricordi della tradizione sei-settecentesca (Tiepolo in particolare) con una tecnica pittorica rapida e gestuale che si concretizza attraverso sovrapposizioni fluide di colore, in cui non si disdegnano le colature. Una sorta di moderna “sprezzatura” dell’agire, un’apparente semplicità e disinvoltura nella creazione. Si arriva, in alcuni casi, alla sintesi del colore puro racchiuso in campiture compatte di colore brillante, effetto pop che ricorda Alex Katz e David Hockey.”

Elisabetta Mero